lunedì 27 febbraio 2012

Le paste dure


Ho sempre pensato che per ottenere il pane di pasta dura fosse necessario aggiungere burro o strutto all'impasto. Invece, girovagando tra i vari siti di ricette, mi sono imbattuta in Vittorio, il figlio di un panetterie genovese che gestisce il blog Vivalafocaccia: qui ho trovato una ricetta di questo tipo di pane che prevede solo l'aggiunta di 3 cucchiai d'olio ed ho scoperto che il segreto della buona riuscita sta tutto nella maniera di impastarlo, per lungo tempo [almeno 15 minuti] e con forza, quindi per prepararlo in casa è necessario possedere una macchina del pane [a meno che voi non abbiate le braccia di un gladiatore e la pazienza di un santo]. Ecco, dovete sapere che io non sono una fanatica della macchina del pane, ma mia nonna, che ha quasi 86 anni, non riesce più a impastare a mano come una volta e per praticità se lo fa quasi tutti i giorni utilizzando proprio questo marchingegno [non me ne vogliano i fans della macchina del pane]. Così sono migrata nella sua cucina e mi sono detta 'per una volta potrò anche chiudere un occhio, no?' .... e visti i risultati direi che ne è valsa davvero la pena. La foto non rende giustizia a questi panini, ma vi assicuro che erano esattamente come le paste dure che si comprano dal panettiere [anzi, meglio ;)] e , cosa che non credevo, velocissimi da preparare, in 2 ore sono pronti in tavola.

Per 4-5 paste dure:

300 gr d'acqua a temperatura ambiente
10-12 gr di sale [circa un cucchiaino]
30 gr d'olio extravergine [circa 3 cucchiai]
550 gr di farina 
25 gr di lievito di birra

Per il procedimento vi consiglio di andare a vedere qui, io di certo non saprei essere così precisa. Seguite alla lettere quello che spiega Vittorio ed il risultato è assicurato.


La prossima volta proverò a fare le biove, sempre con il marchingegno della nonna....alla fine, di occhi ne ho due, per una volta posso chiudere anche l'altro! ^-^

lunedì 20 febbraio 2012

Torta di mele & appunti sul Sesamo


E' proprio vero, esistono mille versioni di questa torta. E' uno dei miei dolci preferiti, soprattutto con una buona dose di mele, che la rendono morbida e succosa. Questa è la mia versione: aggiungo sempre un po' di semi di sesamo sulla superficie, mi piace il contrasto tra il loro gusto leggermente amarognolo e il dolce delle mele.

3 mele renette grandi [o 4 piccoline]
2 cucchiai di zucchero di canna
il succo di mezzo limone
250 gr di farina
1 cucchiaino di lievito per dolci
100 gr di zucchero bianco
1 uovo
100 gr burro
1 bicchiere di latte
zucchero bianco e semi di sesamo per la superficie

Fate sciogliere il burro con il latte a bagno maria e lasciate che si raffreddi un po'.
Nel frattempo, tagliate a fettine sottili le mele, irroratele di succo di limone e zucchero di canna. Setacciate la farina con il lievito, sbattete l'uovo con lo zucchero e unite lentamente la farina, alternandola al burro col latte. Amalgamate bene il tutto, aggiungete le mele e sistemate l'impasto in una tortiera a cerniera imburrata ed infarinata e cospargete la superficie di zucchero e semi di sesamo. Infornate a 160° per 3/4 d'ora circa.


Chi, almeno una volta nella vita, non ha pronunciato per scherzo la formula magica 'Apriti sesamo'? Si pensa che questa virtù magica del sesamo [Sesamum indicum] derivi dall'usanza indiana di utilizzarlo nei riti funerari come dono ai defunti per varcare le soglie dell'aldilà e di conseguenza avere spalancate le porte dell'immortalità. E' pratica comune infatti, dopo la cremazione dei defunti, bagnarsi nel fiume e lasciare sulle sue sponde dei mucchietti si semi di sesamo.  
Ma oltre a queste proprietà espiatorie, il sesamo ha, nella pratica, un seme molto nutriente e ricco degli acidi oleico e linolenico: dalla sua spremitura si ottiene un olio delicato, dal colore giallo chiaro e dal sapore gradevole ed amarognolo, impiegato sia in cucina, soprattutto nelle fritture orientali, sia nella produzione di detergenti a base di tensioattivi naturali. Solo recentemente ho scoperto che la pianta ha fiori davvero bellissimi, molto simili a quelli della digitale: sarebbe interessante provare a coltivarlo anche come pianta ornamentale nei nostri giardini, soprattutto al Sud, dove il clima è più favorevole alla sua crescita.

venerdì 10 febbraio 2012

Crema di lenticchie rosse e zucca: elogio all'arancione


Rieccomi con un'altra crema, di quelle salutari che ci fanno tanto bene durante la stagione fredda, con lenticchie ricche di proteine e ferro e zucca ad alto contenuto di sali minerali e vitamine. E' uno dei piatti che preparo più spesso, oltre ad essere davvero buona è velocissima e con due scodelline sazia a meraviglia, magari accompagnata da qualche fetta di pane integrale tostato bello caldo.

Per 2 persone:

150 gr di lenticchie rosse decorticate
400 gr di zucca di Chioggia
1 cipolla [o 1 porro]
2 spicchi d'aglio
sale, pepe
timo fresco
curry

Tagliate la zucca a cubetti, fate a fettine la cipolla e l'aglio. Mettete le verdure in una pentola con le lenticchie [magari prima potete sciacquarle un po'], coprite a filo con acqua bollente e fate cuocere per 15-20 minuti a fuoco lento. Dopodiché frullate il tutto fino ad ottenere un composto molto omogeneo e cremoso e completate con un pizzico di sale e pepe, una spruzzata di curry, qualche fogliolina di timo fresco e un giro d'olio. 


Ho scoperto recentemente che in passato se ne dicevano di tutti i colori sulla Lenticchia [Lens culinaris o Ervum lens]: in particolare Castore Durante nel Rinascimento ne sconsigliava altamente l'uso, in quanto alimento che poteva provocare "elefantia, rogna, cancari e cirri e dolori di nervi, imperocché il suo ndurimento fatto sangue grosso e seco, divien humor malenconico". Nel II secolo dopo Cristo c'era addirittura chi pensava potessero causare tumori. Per fortuna il caro vecchio Plinio ci dice che chi si nutre abitualmente di lenticchie gode di una buona "tranquillità d'animo". Io personalmente mi trovo molto più in accordo con Plinio, visto anche l'elevato valore nutritivo di quest'umile legume: 100 grammi di lenticchie contengono circa 3,5 grammi di fibre, 6,8 grammi di proteine, 17 mg di Calcio e 2 mg di Ferro. A mio parere un vero "superalimento". 

mercoledì 1 febbraio 2012

Crema di porri, piselli e carciofi: elogio al verde


Oggi un piatto tutta salute, mi sembra di essermi lanciata un po' troppo ultimamente con quei muffin al cacao e ciliegie, non vorrei esagerare con le calorie e i grassi  :P e quindi si ritorna a piatti leggeri, ma gustosissimi.
Io amo ogni tipo di verdura, ma molte persone non sono affatto d'accordo con me e propinar loro piatti esclusivamente a base di porri, carciofi e piselli sembra quasi un affronto. Non necessariamente però tutto ciò che è leggero e sano dev'essere considerato in partenza senza gusto: questa crema, abbondando con i porri, è sicuramente molto saporita ed ha un profumo davvero invitante. 

Per 2 persone:

400 gr di porri
2 carciofi
150 gr di piselli secchi [messi in ammollo 2 ore prima]
200 gr di piselli freschi [io ho usato quelli surgelati]
sale
pepe bianco
olio extravergine

Pulite i porri e tagliateli a rondelle, togliete le foglie dure ai carciofi, la barbetta e fateli a fettine, scolate i piselli secchi e ponete tutte le verdure, compresi i piselli freschi, in una pentola capiente. Coprite d'acqua bollente [non esagerate con l'acqua se no vi rimarrà troppo liquida] e fate cuocere per circa 30 minuti. Salate e frullate il tutto fino ad ottenere una crema densa. Accompagnatela con crostini di pane integrale, un giro d'olio e una bella spolverata di pepe.


I porri [Allium porrum]. Ecco, non pensavo che questa pianta godesse di molta conoscenza in passato, ed invece eccomi lì a leggere di una leggenda davvero curiosa che vede protagonisti, oltre ai porri, San Pietro e sua madre. Si narra infatti che questa brava donna fosse molto avara, ma un giorno, mentre lavava le verdure per il minestrone alla fonte, delle foglie di porro le scapparono via. Una vecchina che passava di lì le chiese così di prender quelle foglie per sé e la madre di San Pietro, forse impietosita, le concesse di prenderle. Quando morì, la madre finì dritta all'inferno e così suo figlio, San Pietro, andò dal Signore in persona a chiedergli di darle una possibilità di riscatto, visto che almeno una buona azione [vedi vecchina sopracitata] l'aveva compiuta. Allora il Signore disse a San Pietro di protendersi verso gli inferi con una foglia di porro, per fare in modo che sua madre potesse aggrapparsi e risalire verso la luce. Solo che, nel momento in cui il santo fece ciò, un nugolo di dannati si appese alla madre, che con ferocia iniziò a tirar loro calci e pugni, ricadendo anch'essa dritta dritta nelle fiamme degli inferi. Morale della favola: non basta una foglia di porro donata per non finire all'inferno. 
E vabbè....a parte San Pietro e sua madre, il porro nei tempi passati veniva considerato afrodisiaco per la sua forma fallica, per questo era visto un po' di sbieco e non molto amato dalle caste più bigotte. A mio avviso, i porri sono deliziosi e se veramente hanno questa proprietà, mangiarne uno in più di tanto in tanto può farci solo che bene ^-^