mercoledì 15 dicembre 2010

Panini pepati al vino bianco


Oggi una ricetta davvero velocissima, dei panini che si preparano da soli! Chi volesse può utilizzare il lievito di birra normale, a patto di avere il tempo per la lievitazione naturale. Io ero in super ritardo per la cena, senza pane e ho provato questa ricetta: direi che ne è valsa la pena!


Ingredienti:
200 g di farina 0
½ bustina di lievito secco istantaneo
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di pepe macinato misto (nero, bianco, verde)
½ cucchiaino di origano
½  bicchiere di vino bianco secco
½ bicchiere di acqua molto calda [ma non bollente]

Accendete il forno a 200°.
Setacciate in una terrina capiente la farina, aggiungete il sale, il pepe, l’origano, il lievito e miscelate il tutto per bene.
Unite l’acqua e il vino, versateli nella terrina con la miscela di farina e mescolate il tutto con un cucchiaio di legno. Dovrete ottenere una pasta molto collosa.
Foderate la placca del forno con carta da forno. Inumiditevi le mani e formate 6 palline con la pasta, che disporrete sulla placca da forno. Cospargete di sale grosso le palline ed infornate per circa mezz’ora, fino a che i panini non saranno dorati.




Sono risultati molto croccanti all'esterno, soffici e bene areati all'interno: ce li siamo spazzolati in un attimo :)
Per il fiore vi rimando a dare un occhiata a Origanum vulgare, anche se non protagonista della ricetta conferisce comunque un buon aroma a questi panini.

lunedì 13 dicembre 2010

I Ciclamini


Ecco a voi i Ciclamini, piante bellissime che colorano i balconi anche durante l’inverno. Cyclamen è il nome generico di queste piante, deriva dalla parola greca “kyklós”, ovvero “cerchio”, forse per il ripiegamento circolare che il peduncolo fiorale assume dopo l’appassimento del fiore, ma anche [e forse è molto più probabile] per la forma circolare del grosso tubero.


I Ciclamini sono piante erbacee tuberose della famiglia delle Primulaceae, parenti stretti delle Primule e del Non ti scordar di me. Sono in genere coltivati in tutta la fascia temperata, ma esistono anche alcune specie spontanee nella nostra flora, come il C. hederifolium e il C. repandum, che si possono osservare principalmente nel sottobosco. Fioriscono in tarda primavera e quelli coltivati resistono per quasi tutto l’inverno, non patendo affatto il gelo.


I Ciclamini sono sempre stati considerati forti amuleti: secondo Plinio il Vecchio erano protettori della case ma anche antidoti contro il morso dei serpenti e Teofrasto  attribuisce loro grandi poteri afrodisiaci, forse per la forma del fiore, che ricorda vagamente l’utero femminile.


Sono chiamati anche panporcini: i maiali infatti sono ghiotti dei tuberi e per loro fortuna non sono sensibili al veleno in essi contenuto.
Si dice anche che i Ciclamini favoriscano l’unione tra persone affini di carattere e che accrescano il prestigio personale, ma, a causa del loro temibile veleno, hanno evocato nel tempo anche simboli negativi, quali la diffidenza e lo scoraggiamento. Curioso è il fatto che nell’antichità si pensava che le donne incinte che sarebbero passate sui loro tuberi avrebbero abortito.


I Ciclamini sono tra i fiori preferiti di mia madre e quindi oggi con loro vi propongo la torta che ho preparato per il suo compleanno: Torta rustica di cioccolato e mandorle.

Torta rustica al cioccolato e mandorle


Una torta di compleanno, finalmente! Non il mio, ma di mia mamma. 
Somiglia molto ad una torta caprese, ma la farina integrale gli da un gusto ed una consistenza molto particolari, che hanno avuto un gran successo!


Ingredienti:
200 g di farina integrale
200 g di mandorle non pelate
100 g di zucchero di canna
150 g di cioccolato fondente
5 uova
1 bustina di lievito per dolci
150 g di burro
1 bicchiere di latte

Tritale le mandorle fino a ridurle in una farina fine e in una terrina setacciatele con la farina e il lievito per dolci.
Montate gli albumi a neve bene ferma e a parte sbattete i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso.
Fate sciogliere il burro con il latte, dopodiché spegnete il fuoco, incorporatevi il cioccolato e lasciatelo fondere lentamente.
Aggiungete ai tuorli la farina e le mandorle gradualmente, alternandole a cucchiaiate di albumi montati a neve fino ad esaurimento degli ingredienti. Al termine unite il burro fuso con il cioccolato e mescolate energicamente per amalgamare il tutto.
Versate il composto in una teglia a cerniera imburrata ed infarinata, mettete in forno preriscaldato a 160° per 40 minuti circa.


Una volta raffreddata la torta, potete decorare con zucchero a velo o glassa di cioccolato.


Vai a Ciclamini

giovedì 9 dicembre 2010

Fusilli integrali con cavolfiore e porri


Ecco una ricetta davvero velocissima e molto gustosa, dedicata agli amanti dei cavoli, preparati in tutti i modi e le maniere. Purtroppo non tutti li amano, vuoi per l'odore particolare o per il sapore a volte troppo marcato. Io invece, come tutte le verdure, li adoro.


Per 2 persone:
170 g di fusilli integrali
1 cavolfiore verde
1 porro grande (o 2 piccoli)
mezzo peperoncino fresco
olio extravergine
sale e pepe

Tagliate il porro a rondelle molto sottili e fatelo soffriggere con olio e con il peperoncino in una pentola antiaderente dai bordi alti fino a che i porri non saranno ben appassiti, poi mettete da parte con un coperchio. Nel frattempo portate ad ebollizione una pentola d’acqua, pulite il cavolfiore, tagliatelo a cimette e fatelo bollire per circa 5-10 minuti. Trascorso questo tempo aggiungete la pasta al cavolfiore e scolate al dente. Versate la pasta e il cavolfiore nella pentola con il soffritto di porri, aggiustate di sale, macinatevi un po’ di pepe, aggiungete un filo d’olio e fate andare per qualche minuto a fuoco vivo mescolando bene il tutto.
Ottima con una grattugiata di ricotta secca di pecora o con pecorino romano.


Visto che la ricetta è a base di cavolfiore, oggi vi propongo assieme a questa ricetta Lunaria annua, una bellissima pianta della stessa famiglia dei cavoli, le Brassicaceae.
E con questa ricetta partecipo al contest di Cleare del blog Il Pomodoro Rosso.


lunedì 6 dicembre 2010

Macrolepiota procera...e che nome é?!


Questa volta non è il nome di una pianta, no, ma di un fungo. 
Chi di voi conosce le Bubbole? spero siate in molti, perché personalmente trovo che sia uno dei funghi più buoni e gustosi che crescono nei nostri prati. Dal nome scientifico Macrolepiota procera, in italiano Mazza di tamburo o Bubbola e nei nostri dialetti liguri Trulle, Buggiu scüu o Madunìn, è un fungo di grandi dimensioni, con lamelle nella parte inferiore del cappello e un gambo molto lungo e coriaceo. Cresce in genere in prati, ai margini di boschi e coltivi in estate ed in autunno e grazie ai loro ampi cappelli bianchi sono ben riconoscibili ed individuabili anche da lontano.


Non è mai stato riconosciuto alcun grado di tossicità per questo fungo, quindi è sempre stato raccolto e consumato di buon grado, anche se non tutti lo apprezzano, sottovalutando il buon sapore mandorlato dei cappelli giovani.
Esistono altri funghi molto simili al Macrolepiota procera che haimé sono piuttosto tossici: le caratteristiche principali per distinguerli in generale sono le dimensioni, molto superiori in M. procera rispetto a quelle dei parenti tossici, e il colore della carne: se, staccato un pezzetto del cappello, questo dovesse virare al rosso o al verde, non fidatevi e non raccoglieteli, probabilmente si tratta di un’altra specie, nella maggior parte dei casi tossica.


Una cosa piuttosto curiosa è che il fungo molto spesso si essica spontaneamente in natura: basta coglierlo e farlo rinvenire in acqua ed è ottimo comunque!
Bene, oggi vi ho parlato di un fungo e non di un fiore perché vi propongo qui di seguito dei crostini veloci e gustosi a base di proprio di Bubbole.

Crostini ai funghi


Questa ricetta è a base di un fungo molto buono, ma poco conosciuto, la Bubbola, o Mazza di tamburo. Prevede l'uso di abbondante aglio che a mio avviso non può  assolutamente mancare e ancor meno può essere sostituito dalla cipolla o dagli scalogni, che comprometterebbero troppo il gusto di questi funghi prelibati, quindi occhio ai palati troppo delicati!


Ingredienti:
Pane casereccio a fette
Bubbole 
Aglio
Olio extravergine
Sale

Per due persone contate circa 2 o 3 funghi a testa, anche in base alla grandezza dei cappelli.
Pulite le bubbole cercando di togliere parte della cuticola superiore e scartando i gambi. Disponete i cappelli in una teglia larga, mettete su ognuno qualche fettina d’aglio, salate  e irrorate il tutto d’olio. Cuocete i funghi in forno già scaldato a 180° per circa 25-30 minuti. Tenete conto che le bubbole rilasciano molta acqua, saranno cotte solo quando saranno totalmente asciutte.
Nel frattempo fate tostare le fette di pane e strofinatele con uno spicchio d’aglio intero. Una volta cotti i funghi, componete i crostini adagiando su ogni fetta di pane una fetta di fungo e un filino d'olio.
C’è chi mette anche il prezzemolo, crudo o in cottura, ma personalmente trovo che non sia una buona idea.


mercoledì 1 dicembre 2010

Torta mela e carota


Buongiorno a tutti, oggi qui nevica e fa un freddo pazzesco, tira un vento che sembra di essere in Siberia! penserete che sono pazza, ma adoro questo tempaccio, mi piace fare una passeggiata, tutta imbacuccata, tra le intemperie, roba che quando torno a casa ho le gambe gelate e il naso tutto rosso. Così accendo la stufa e inizio a scaldarmi come si deve e a quel punto la voglia di preparare qualcosa di buono arriva di sicuro. L'altro giorno dopo un giretto al freddo glaciale, ad esempio, mi sono cimentata in questa torta con mela e carota, devo dire senza troppa modestia che era davvero ottima, ed è durata neanche due giorni.


Ecco a voi la ricetta.

Ingredienti:
300 g di farina
120 g di zucchero di canna
80 g di burro
100 g di ricotta fresca
2 bicchieri di latte
1 uovo
1 mela grattugiata
1 carota grattugiata
1 bustina di lievito per dolci

Fate sciogliere il burro con un bicchiere di latte. Lasciate raffreddare.
Sbattete l’uovo con la ricotta e il restante latte e unite il burro a temperatura ambiente.
Aggiungete al composto lo zucchero e mescolate velocemente, dopodiché unite la farina e il lievito, amalgamando bene il tutto. Se la pasta risultasse troppo densa aggiungete 2 cucchiai di latte.
Infine unite la mela e la carota, mescolate per uniformare il tutto e versate in uno stampo da plum cake imburrato ed infarinato.
Infornate in forno già riscaldato  a 160° per circa ¾ d’ora.


E' ottima appena sfornata, ma il giorno dopo per colazione lo è ancora di più e per chi ama le marmellate, ve la consiglio con un velo di marmellata di prugne.


Visto che siamo in tema di glaciazioni vi rimando alla bellissima Dryas octopetala come fiore del giorno, la pianta dei ghiacci perenni.

martedì 23 novembre 2010

Arbutus unedo, il frutto dell'autunno


Buongiorno a tutti, oggi dopo tanto finalmente ha smesso di piovere e potrò andare a raccogliere un po' di corbezzoli. Arbutus unedo, appunto, l'albero che fiorisce e ha i frutti contemporaneamente.
Non apprezzati da tutti, trovo che il significato del suo nome generico, "Arbutus", che significa arbusto amaro, non renda giustizia al gusto delicato dei suoi frutti, che sono leggermente amari, è vero, ma che se ben maturi hanno una dolcezza strepitosa. Ed anche il nome della specie "unedo", cioè "ne mangio solo uno" in latino, non si confà proprio con la mia abitudine di mangiarne un sacco, altro che uno solo!


Ma tornando alla pianta, il corbezzolo è un arbusto sempreverde della famiglia delle Ericaceae tipico della macchia mediterranea. La sua particolarità sta nella presenza contemporanea sui suoi rami di fiori e frutti: infatti, i frutti impiegano esattamente un anno a maturare, e quindi quando l'anno successivo si ha la loro completa maturazione, i nuovi fiori si preparano a dare i frutti per l'anno successivo.


Si narra che il Corbezzolo sia una pianta che protegge dalle streghe di San Giovanni. Un antica leggenda vuole che Proca, l'erede al trono di Alba Longa, ancora nella culla fu assalito dalle Strigi, donne malvagie trasformate in uccellacci con becchi rapaci e artigli ad uncino. Il bimbo era morente, così la sua nutrice evocò Carna, la ninfa protettrice degli usci, che battendo tre volte un ramo di Corbezzolo sulla porta e dando in pasto alle Strigi viscere di scrofa, riuscì ad allontanarle e a salvare il piccolo.


Oltre a questa virtù "magica", il Corbezzolo possiede proprietà antisettiche, astringenti e diuretiche. Quindi, mi raccomando, mangiatene più di uno, che vi fanno bene!
E adesso passiamo alla ricetta, che come questi frutti ha bisogno di una preparazione davvero moooolto lunga, ma vi assicuro, ne vale la pena: il pane di semola integrale.

Pane di semola integrale

Lo so, la preparazione di questo pane è davvero lunghissima e se non si ha a disposizione tutto il pomeriggio non se ne fa niente. Ma in questo periodo, con il tepore della stufa e l'inverno alle porte strarsene in casa a preparare questo pane fragrante è davvero un lusso. [In realtà, cari miei, è tutta una scusa per non ricordarmi ogni momento che per ora, haimè! sono disoccupoata!]
Comunque, potete farlo tranquillamente nella macchina del pane, ma secondo me non otterrete mai lo stesso risultato ;)


Per 2 pagnotte e una cassetta:
500 g di farina 0 (più quella per la spianatoia)
500 g di semola
500 g di farina integrale
20 g di lievito di birra
200 ml di latte
sale

Setacciate le farine sulla spianatoia, salate abbondantemente e fate la fontana. Fate intiepidire il latte, versatelo nel buco della fontana e scioglietevi all’interno il lievito con un pizzico di zucchero. Iniziate ad impastare aggiungendo man mano acqua ben tiepida fino ad ottenere un impasto soffice e piuttosto asciutto. Impastate per almeno altri 10 minuti, lavorando bene la pasta.


Coprite con dei canovacci tiepidi e lasciate lievitare per 2 ore.
Trascorso il tempo di lievitazione, riprendete l’impasto e lavoratelo per 10 minuti circa. Coprite nuovamente la pasta e fate riposare per altre 2 ore.
Dopo le 2 ore di lievitazione, sgonfiate la pasta con il pugno, date la forma che più vi piace al vostro pane e disponete le pagnotte sulla placca del forno rivestita con carta da forno: infornate a 50°C per mezz’ora circa e alzate la temperatura del forno a 245°C solo quando le forme vi sembreranno ben lievitate e gonfie. Fate cuocere per ¾ d’ora circa a 245°C e una volta sfornate lasciate le pagnotte a raffreddarsi su di una griglia rialzata [io ho usato quella della forno].


Questo tipo di pane è buono anche due giorni dopo la preparazione e se ve ne avanza molto potete farlo a pezzi e metterlo nel congelatore, in modo da averne a disposizione le giuste porzioni ogni volta che volete.


Vai ad Arbutus unedo.

martedì 9 novembre 2010

Crocus, dell'amore e del desiderio

[Crocus vernus]

Il genere Corcus appartiene alla famiglia delle Iridaceae, sono tutte piante erbacee perenni e bulbose che crescono in prevalenza nei prati dal piano collinare a quello alpino dalla primavera all'autunno inoltrato. Forse non tutti sanno che esiste una specie di Corcus che fiorisce proprio in autunno...molti di voi si immaginano questo fiore come uno dei primi a fiorire in primavera. E invece no, Crocus ligusticus abbellisce i prati collinari e montani ormai secchi con i sui petali violacei e i sui lunghi stimmi arancioni.

[Crocus ligusticus]

Il nome "Crocus" deriva dal greco Kroke, ovvero filamento, per gli stimmi filamentosi che porta al centro della corolla. Secondo un mito greco tali filamenti simboleggiano un legame d'amore tra la ninfa Smilax e il giovane Krokos, un amore destinato a finire con la morte del giovane. Si narra che gli dei, impietositi, trasformarono la ninfa in salsapariglia e il giovane in croco, per far sì che i due potessero vivere uno accanto all'altro. Per questo mito gli antichi Greci usavano porre sulle tombe degli amanti morti per amore un fiore di Crocus.

[i filamenti di Crocus vernus]

Oltre ad essere simbolo dell'amore impossibile e del desiderio, i crochi sono conosciuti e rinomati per lo zafferano, polvere color ocra che si ricava dai filamenti secchi di Crocus sativus. Un tempo questa specie era molto diffusa in Abruzzo e lo zafferano abruzzese era considerato uno tra i più pregiati [...qualche abruzzese conferma...?]. Lo zafferano, oltre ad essere ottimo nella preparazione di molti piatti, era spesso utilizzato come antispasmodico, emmenagogo e nel Rinascimento le dame lo adoperavano per conferire alle loro chiome particolari tonalità biondo rame.

[Crocus versicolor]

Oggi insieme a questo bellissimo e buonissimo fiore ho postato una crema di zucca e cannellini allo zafferano, dal colore dorato e dal gusto molto fine.

Crema di zucca e cannellini allo zafferano

Questa è una crema leggera adatta all'arrivo dei primi freddi, vi consiglio di provarla accompagnata da crostini di pane integrale leggermente oliati e, se vi piace, strofinati con uno spicchio d'aglio.



Per 4 persone:
500 g di zucca gialla di Chioggia (o di Mantova, basta che sia a pasta fine e soda)
200 g di fagioli cannellini lessi
100 g di zucchetta verde (o di zucchine)
2 carote
1 cipolla
1 bustina di zafferano
sale
pepe
olio extravergine

Tagliate la zucca, la zucchetta e le carote a cubetti, lasciando la zucca leggermente più grossa delle altre verdure. Tritate la cipolla e disponete le verdure in una pentola, coprite d’acqua, portate ad ebollizione e lasciate cuocere per ¾ d’ora circa a fuoco lento. Il livello dell’acqua inizialmente deve superare le verdure di circa 2 dita.
Trascorso il tempo di ebollizione salate, unite i fagioli cannellini e lo zafferano alla zuppa, fate cuocere altri 5 minuti, dopodiché passate al passaverdura o frullate il tutto. Dovrete ottenere una crema molto densa ed omogenea. Se vi sembra ancora troppo liquida fate cuocere per un’altro quarto d’ora.
Versate nelle ciotole, condite con un filo d’olio e con una bella spruzzata di pepe.
Per ottenere una crema molto “cremosa” è importante utilizzare un tipo di zucca a pasta fine e soda come quelle che vi ho consigliato. Io ho usato la zucca di Ciogghia, quella con la buccia verde-grigia, che ben si presta alla preparazione di creme, vellutate e gnocchi.


Con questa ricetta partecipo al contest Minestre e Zuppe di Lucy del blog Ti cucino così e alla raccolta Ricette con la zucca di Rebecca del blog Non tollero il lattosio.

martedì 2 novembre 2010

Dryas octopetala



Il freddo si avvicina sempre più  e io ne sono molto felice (a dispetto di molti amanti del caldo estivo ^-^). Qualche settimana fa sulle montagne attorno a Cogne mi è capitato di incontrare una piante davvero bellissima e particolare che suggerisce sempre immagini di ghiacci e nevi perenni, Dryas octopetala, ovvero il Camedrio alpino. 



Questa piccola pianta suffruticosa fa parte della famiglia delle Rosaceae e si trova generalmente solo sui rilievi alpini e sulle cime più alte dell'Appennino da circa 1500 a 2500 m sul livello del mare. Vive su ghiaie e pietraie alla base di pareti rocciose verticali ed è possibile osservare le sue splendide fioriture bianche da Giugno ad Agosto, ma in alcune gole riparate ed esposte a Sud i suoi fiori possono resistere molto bene anche fino a metà Settembre. 
La sua particolarità sta nel fatto di essere un "relitto glaciale", cioè una di quelle specie che sono riuscite a sopravvivere alle ultime glaciazioni grazie a lentissime migrazioni verso Sud, sui rilievi che ai tempi del Quaternario (circa 2 milioni di anni or sono) non erano coperti dai ghiacci e dalle nevi perenni: è per questo motivo che oggi la possiamo trovare esclusivamente nelle zone artiche e sui rilievi alpini.
Passando al suo nome, "Dryas" sta ad indicare la particolare conformazione delle foglie, molto simili a quelle delle quercie, che in latino venivano chiamate appunto "drys". Ma come al solito possiamo trovare una versione alternativa all'etimologia del nome generico: infatti si pensa che Linneo, nel nominare questo genere di piante, si rifece alle Driadi, antiche divinità delle foreste ritenute immortali dai greci. [Trovo che la seconda versione sia molto più intrigante ed avvincente]. Il nome della specie invece, "octopetala", sta semplicemente ad indicare il numero di petali di cui è formata la corolla [8, ovviamente...].


Non sono riuscita a trovare informazioni su vari usi fitocosmetici o medicinali, ma presumo che, essendo una specie piuttosto  rara e poco conosciuta, non ve ne siano molti se non addirittura nessuno.
Ora vi lascio a una ricetta per l'arrivo del freddo [speriamo non così freddo come le ultime glaciazioni!], pollo e patate al forno, e vi lascio con un'immagine del Vallone di Grauson, dove ho incontrato questa bellissima pianta "glaciale".

Pollo e patate al forno


Eccomi di nuovo con un secondo veloce e buonissimo, questa volta però con pollo e patate, ideale per una cena leggera ma sfiziosa. 

Per 2 persone:
1 petto di pollo da 400 g circa
5 patate non molto grandi
2 cipolle di tropea 
1 spicchio d'aglio
2 rametti di rosmarino
sale e pepe
olio extravergine
1 cucchiaio di senape

Tagliate il pollo e le patate a cubetti, affettate finemente le cipolle e l'aglio e disponete il tutto in un tegame.
Irrorate d'olio (ma senza esagerare), salate, pepate e sminuzzatevi sopra il rosmarino. Rimescolate il tutto molto bene aggiungendo alla fine la senape e infornate per circa 30 minuti a 200° C.


Ottimo come piatto unico o come secondo a una zuppa leggera.


mercoledì 13 ottobre 2010

Cernia al limone e aneto


Poco tempo fa riguardando le mie ricette mi sono accorta di essermi un po' bloccata con i secondi di carne e di pesce...bene, visto che in generale amo di più cucinare pesce [e sinceramente mi riesce molto meglio della carne] oggi vi propongo una ricetta velocissima e gustosa, con ingredienti molto saporiti e che a mio avviso si sposano molto bene.


Per 2 persone:


2 tranci di cernia da 3 cm
2 spicchi d’aglio
1 mazzetto di aneto
un cucchiaino di capperi sotto sale
il succo di 2 limoni
olio extravergine
sale

Tagliate i capperi grossolanamente, tritate aglio e aneto insieme.
Sistemate i tranci di cernia in una padella con un po’ d’olio e i capperi, fate rosolare prima da un lato e poi dall’altro per circa 5 minuti per lato, dopodiché cospargete col trito di aglio e aneto e bagnate con parte del succo di limone. Coprite con un coperchio e fate cuocere per altri 5-10 minuti al massimo. Quasi a fine cottura sfumate con il rimanente succo di limone, lasciate asciugare un pochino ed ecco che la cernia è pronta.


VI consiglio di accompagnare i tranci di cernia con carote e patate al vapore condite con una vinaigrette preparata con olio, limone, sale e pochissimo aneto tritato.